


installazione, le stanze dell'arte tullio pironti, piazza dante, napoli 2002
Vincenzo Trione
Ci troviamo in un altro atelier, adesso. Manzo vi ha posto al centro una scrivania, irradiata da una luce bassa, ricoperta di carte sfregiate, tagliate, sporche di aloni di matita, occupate da corpi infranti. Alle pareti, teche di ferro brunito, con fasci di pagine strappate, che sono iscritti all’interno di enigmatiche armonie. In fondo, in una sorta di ripostiglio, ancora pezzi di carta… Manzo contiene i tempi della propria narrazione. Altera il “carattere” della sua raffigurazione. Agendo liberamente su materiali eterogenei, destruttura la centralità del soggetto; incastona e dispone in maniera non casuale una quantità di fogli appiattiti l’uno sull’altro: in questo magma, l’intero ricompare protetto. L’installazione di Manzo è fondata sull’incontro tra molteplicità e unità. All’apparenza, vediamo tante “tessere” indipendenti. In realtà, ci troviamo dinanzi a un’opera scandita dalla presenza di tanti frammenti impazziti, percorsi da ferite. Queste schegge sono poste in un assemblaggio, che si sottrae al nostro sguardo. Scorgiamo solo tasselli di un mosaico senza centro.